IL TRIBUNALE DI PAOLA 
                           Sezione Civile 
 
    In composizione monocratica; 
    Esaminati gli atti della causa civile iscritta al numero di ruolo
generale affari contenzioni civili indicato in epigrafe; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  Mellas  Fatiha
contro Generali Italia S.p.a., Russo Franco e Russo  Dario,  iscritta
al n. 480/2016 R.G. del Tribunale Civile di Paola, avente ad  oggetto
risarcimento danni a seguito di sinistro stradale, la dott.ssa Danila
Faillace, espletata la consulenza tecnica d'ufficio affidatale, il 18
ottobre 2020 ha depositato la relazione conclusiva  (unitamente  alle
note critiche delle parti ed ai  relativi  chiarimenti)  e,  in  pari
data, ha richiesto, nel rispetto nel termine  previsto  dall'art.  71
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, la  liquidazione
dei compensi. 
    Per procedere alla liquidazione occorre considerare quanto segue. 
    L'incarico (1) rientra nell'art. 21  della  tabella  allegata  al
decreto del Ministero della giustizia 30 maggio 2002, atteso  che  e'
consistito nel compimento di accertamenti medici sulla persona. 
    Conseguentemente  l'onorario  deve  essere  determinato  tra euro
48,03  e euro  290,77,  tenendo  conto   delle   difficolta',   della
completezza e del pregio della prestazione fornita ai sensi dell'art.
51, primo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002. 
    Non  spettano,  infatti,  gli  aumenti  previsti  ne'   dall'art.
51, secondo  comma,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica   n.
115/2002 - in  quanto  l'incarico  non  era  stato  qualificato  come
urgente - ne' dall'art. 52, primo comma, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115/2002, poiche' la prestazione  resa  non  appare  di
eccezionale importanza, complessita' e difficolta' (a meno di seguire
quelle distorsioni interpretative, frequenti nella prassi, dirette  a
contenere gli effetti  del  mancato  aggiornamento  delle  tabelle  e
dell'applicazione di'  una  norma  di  sospetta  incostituzionalita',
l'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2012,  come
si dira'). 
    L'importo deve poi essere ridotto di un terzo ai sensi  dell'art.
52, secondo  comma,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica   n.
115/2002 in quanto, espletato  in  ritardo,  attraverso  il  deposito
della relazione conclusiva in data 18  ottobre  2020,  ben  oltre  il
termine del 20 aprile 2020, pur considerando la sospensione  prevista
dalla legislazione emergenziale, oltre quella feriale. 
    Infine, occorre applicare l'ulteriore diminuzione della meta'  ai
sensi dell'art. 130 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
115/2002 in quanto Mellas Fatiha e' stata  ammessa  al  patrocinio  a
spese dello Stato con provvedimento del Consiglio  dell'Ordine  degli
Avvocati di Paola del 17 aprile 2016. 
    Tale disposizione normativa e' appunto l'oggetto della  questione
di legittimita' costituzione che si intende sollevare. 
    2. Per quanto gia' detto, la questione e'  certamente  rilevante,
in quanto senza la  sua  risoluzione  non  puo'  essere  definito  il
giudizio sull'istanza di liquidazione in esame. 
    Questo giudice, infatti, e' chiamato a  determinare  il  compenso
spettante al CTU e, a tal fine, e' tenuto  ad  applicare  l'art.  130
decreto del Presidente della Repubblica n.  309/90,  riducendo  della
meta' le spettanze del proprio ausiliario. 
    3. La questione, inoltre, appare non manifestamente infondata nei
termini e le ragioni appresso indicate. 
    3.1. L'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica 309/90  -
rubricato «Compensi del difensore, dell'ausiliario del  magistrato  e
del consulente tecnico di parte» ed inserito all'interno  del  titolo
IV («Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato  nel
processo civile,  annninistrativo,  contabile  e  tributario»)  della
Parte III («Patrocinio a spese dello Stato») del citato  testo  unico
sulle  spese  di  giustizia -  recita:  «Gli  importi  spettanti   al
difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente  tecnico  di
parte sono ridotti della meta'». 
    Il quadro normativo sul quale si innesta la  citata  disposizione
normativa, come l'omologo 106-bis valevole per il processo penale, e'
costituito dagli articoli 50 e 54 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115/2002 - collocati nel  titolo  VII  («Ausiliari  del
magistrato nel processo penale, civile, amministrativo,  contabile  e
tributaria») della Parte Il («Voci di spese») del citato testo  unico
- nonche' dal decreto ministeriale 30 maggio 2002. 
    In particolare,  l'art.  50  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115  del  2002  prevede  che  l'entita'  degli  onorari
spettanti  all'ausiliario  del  magistrato  -  nel  processo  penale,
civile, amministrativo, contabile e tributario (come si riceva  dalla
collocazione all'interno del titolo  VII)  -  e'  stabilita  mediante
tabelle approvate  con  decreto  del  Ministro  della  giustizia,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, mentre l'art.
54 dispone che «la misura degli onorari fissi, variabili e a tempo e'
adeguata ogni  tre  anni  in  relazione  alla  variazione,  accertata
dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al  consumo  per  le  famiglie  di
operai  ed  impiegati,  verificatasi  nel  triennio  precedente,  con
decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di  concerto  con
il Ministero dell'economia e delle finanze». 
    Sta di fatto che le tabelle cui fa riferimento il citato art.  50
sono state approvate con il decreto del Ministro della giustizia  del
30 maggio  2002  («Adeguamento  dei  compensi  spettanti  ai  periti,
consulenti  tecnici,  interpreti  e  traduttori   per le   operazioni
eseguite su disposizione dell'autorita' giudiziaria in materia civile
e penale»), ma da allora non sono state mai aggiornate,  come  invece
richiesto dal successivo art. 54. 
    Su tale assetto e', poi, intervenuto l'art. 1, comma 606, lettera
b), della legge n. 147 del 2013, che ha inserito l'art.  106-bis  nel
decreto del Presidente della Repubblica n.  115/2002,  prevedendo  la
riduzione  di  un  terzo  dei  compensi   spettanti   al   difensore,
all'ausiliario del magistrato,  al  consulente  tecnico  di  parte  e
all'investigatore privato autorizzato, nominati in un processo penale
in cui la parte sia ammessa al patrocinio a spese dello Stato. 
    3.2. Ebbene il predetto art. 106-bis  e'  gia'  stato  dichiarato
incostituzionale - con le sentenze 192 del 2015 e 178 del 2017  della
Consulta - «nella parte in cui non esclude che la diminuzione  di  un
terzo degli importi spettanti» all'ausiliario del  magistrato  ed  al
CTP «sia operata in caso di applicazioni di previsioni tariffarie non
adeguate a norma dell'art. 54 dello  stesso  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 115 del 2002» con riferimento  all'art.  3  della
Costituzione sotto  il  profilo  dell'irragionevolezza  della  scelta
legislativa. 
    3.2.1. Piu' specificamente, con la prima delle  citate  sentenze,
riferita all'ausiliario del magistrato nel processo penale, la  Corte
costituzionale ha ritenuto che la riduzione di un terzo dei compensi,
previsto dall'art. 106-bis  realizza  «un  significativo  e  drastico
intervento di  riduzione  dei  compensi  spettanti,  tra  gli  altri,
all'ausiliario del magistrato. L'intervento di riduzione  e'  attuato
con la legge di stabilita' del 2014, ad opera di un  legislatore  che
non poteva ignorare come  si  trattasse  di  compensi  che,  a  norma
dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n.  115  del
2002, avrebbero dovuto essere periodicamente rivalutati. A fronte  di
una disposizione legislativa,  appunto  l'art.  54  ora  citato,  che
impone l'aggiornamento della misura degli  onorari  dei  soggetti  in
questione, ogni tre anni, in  relazione  alla  variazione,  accertata
dell'indice dei  prezzi  al  consumo  per le  famiglie  di  operai  e
impiegati, tale adeguamento non risulta essere intervenuto  da  oltre
un decennio (allo stato, l'ultimo  risulta  operalo  con  il  decreto
ministeriale 30 maggio 2002). Sicche', dopo un decennio ed  oltre  di
inerzia amministrativa, la base tariffaria sulla  quale  calcolare  i
compensi risulta ormai seriamente sproporzionata per difetto, anche a
voler considerare, come richiede l'art. 50 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 115 del 2002, che  la  misura  degli  onorari  in
esame,  rapportata  alle  vigenti tariffe  professionali,  dev'essere
contemperata  (e   quindi   ridotta)   in   relazione   alla   natura
pubblicistica della prestazione  richiesta  (riduzione  gia'  attuata
nella fissazione dei valori di partenza). La mancata  attuazione,  in
sede amministrativa, del vincolo di adeguamento previsto dalla  fonte
primaria (analoghe inadenipienze, in passato, furono stigmarizzate da
questa Corte: sentenze n. 41 del 1996 e n. 88 del 1970; ordinanze  n.
234 del 2001 e n. 69 del 1979) ben  puo'  trovare  idonei  rimedi  in
altra sede (sentenza n. 41 del 1996 e ordinanza  n.  234  del  2001).
Tuttavia, per il legislatore della legge di stabilita' per  il  2014,
tale mancata attuazione costitutiva  un  dato  caratterizzante  della
materia che si apprestava ad incidere: e il non averne tenuto  conto,
nel momento in cui  veniva  deciso  un  significativo  intervento  di
riduzione, induce a concludere, nella prospettiva segnata dall'art  3
Cost., che la scelta  legislativa  abbia  superato  il  limite  della
manifesta irragionevolezza. Non e',  infatti,  riconducibile  ai  pur
ampi margini spettanti alla discrezionalita' legislativa  una  scelta
attuata senza una preliminare valutazione complessiva della  materia,
necessaria per compiere un ragionevole bilancianiento tra esigenze di
contenimento  della  spesa  e  remunerazione,  sia  pure  secondo   i
ricordati criteri di contemperamento, degli incarichi  in  questione.
In tale prospettiva, va considerato come si tratti, nella specie,  di
prestazioni  tendenzialmente  non  ricusabili  dall'interessato,   il
quale, in quanto pubblico  ufficiale,  e'  obbligato  alla  fedele  e
diligente esecuzione delle proprie competenze professionali  (ed  e',
questo, un profilo che differenzia l'ausiliario del magistrato  dagli
altri soggetti indicati nell'art. 106-bis  in  esame).  Si  aggiunga,
infine, che vanno adeguatamente  apprezzate  anche  le  ricadute  «di
sistema» di una disciplina  che,  nelle  condizioni  descritte,  puo'
favorire,  per  un  verso,  applicazioni  strumentali  o  addirittura
illegittime delle norme, a fini di adeguamento de facto dei  compensi
(ad esempio mediante un'indebita proliferazione degli incarichi o  un
pregiudiziale orientamento verso  valori  tartari  massimi),  e,  per
l'altro, comportare un allontanamento, dal  circuito  dei  consulenti
d'ufficio,  dei  soggetti  dotati  delle  migliori  professionalita'.
Risulta, in definitiva, manifestamente irragionevole un intervento di
riduzione della spesa erariale in materia di giustizia  -  pur,  come
tale, sicuramente riferibile alla  discrezionalita'  legislativa  nel
contesto della congiuntura economico  finanziaria  -  adottato  senza
attenzione a che la riduzione operi su tariffe  realmente  congruenti
con le stesse linee di fondo del d.P.R. n. 115 del  2002:  dunque  su
tariffe, da un lato, proporzionate (sia  pure  per  difetto,  tenendo
conto del connotato pubblicistico) a quelle libero-professionali (che
per parte loro, nell'ambito di una riforma complessiva dei criteri di
liquidazione, sono state aggiornate) e, dall'altro, preservate  nella
loro elementare consistenza in rapporto  alle  variazioni  del  costo
della vita». 
    3.2.2. Sulla medesima scia si e' posta la  sentenza  della  Corte
costituzionale 178  del  2017,  che,  attraverso  il  distillato  dei
principi della precedente 192/2015, e' giunta al  medesimo  risultato
di ineostituzionalita' dell'art.  106-bis  nella  parte  relativa  al
consulente tecnico di parte, con riferimento all'art. 3 Cost  (mentre
altre,  autonome  e  concorrente  ragioni,  che  qui  non   rilevano,
convergevano verso il medesimo esito rispetto all'ulteriore parametro
rappresentato dall'art. 24 Cost), cosi' affermando:  «nella  sentenza
n.  192  del  2015,  investita  della   questione   di   legittimita'
costituzionale del medesimo art. 106-bis del decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 115 del 2002, con riferimento a un  caso  in  cui
veniva in rilievo l'entita' dei compensi spettanti all'ausiliario del
magistrato, questa  Corte  ha  accertato  I  'irragionevolezza  della
disposizione, poiche'  il  significativo  e  draslico  intervento  di
riduzione dei compensi si innestava su tariffe ormai gia'  seriamente
sproporzionate per difetto, in virtu'  di  un  adeguamento  non  piu'
intervenuto da oltre un decennio. Sicche' il ricordato  art.  106-bis
e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui
non escludeva che la diminuzione di un terzo degli importi  spettanti
all'ausiliario del magistrato fosse operata in caso  di  applicazione
di previsioni rariffarie non aggiornate  a  norma  dell'art.  54  del
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  115  del  2002.  Tale
dichiarazione  d'illegittimita'  costituzionale,  peraltro,  non   ha
censurato  direttamente  l'obbiettivo  di  contenimento  della  spesa
pubblica insito nella riduzione di un terzo dei compensi.  Ha  invece
evidenziato la sua irragionevolezza, nella misura in cui la riduzione
interviene su tabelle ormai non piu' aggiornate da lungo  tempo  e  i
cui valori di partenza - rispetto alle comuni tariffe professionali -
gia' scontano la diminuzione  derivante  dalla  natura  pubblicistica
della prestazione richiesta all'ausiliario  del  magistrato.  Il  che
equivale a riconoscere che tale riduzione tornerebbe ad applicarsi se
le tariffe venissero aggiornate a norma del  ricordato  art.  54  del
d.P.R. n. 115 del 2002». 
    Dunque, secondo la  sentenza  178  del  2017,  «irragionevolezza»
dell'art. 106-bis - tale da determinarne il contrasto  con  l'art.  3
Cost come  gia'  riconosciuta  dalla  precedente  192/2015,  sta  nel
«significativo e draslico intervento di riduzione dei compensi  [...]
su tariffe ormai  gia'  seriamente  sproporzionate  per  difetto,  in
virtu' di un adeguarnento non piu' intervenuto da oltre un decennio»,
mentre a tal fine non sono decisivi  lo  svolgimento  di  prestazioni
tendenzialmente  non  ricusabili   da   parte   dell'ausiliario   del
magistrato  e  la  sua  qualifica  di  pubblico   ufficiale   benche'
esplicitamente considerati nell'apparato argomentativo della sentenza
n. 192/2015. 
    3.3. Ebbene, la medesima ratio  decidendi  -  come  correttamente
distillata  dalla  sentenza   178/2017   («l'irragionevolezza   della
disposizione, poiche'  il  significativo  e  drastico  intervento  di
riduzione dei compensi si innestava su tariffe ormai gia'  seriamente
sproporzionate per difetto, in virtu'  di  un  adeguamento  non  piu'
intervenuto da oltre un decennio») - dovrebbe condurre, ad avviso  di
questo giudice, alla pronuncia di incostituzionalita'  dell'art.  130
negli stessi termini, ossia nella parte in cui  non  esclude  che  la
diminuzione della meta' degli importi  spettanti  all'ausiliario  del
magistrato  sia  operata  in  caso  di  applicazione  di   previsioni
tariffarie non adeguate a norma dell'art. 54 dello stesso  d.P.R.  n.
115 del 2002. 
    Invero, anche l'art. 130, dedicato, tra gli altri, all'ausiliario
del magistrato nel processo civile, si innesta sui medesimi  articoli
50 e 54 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  115/2012,
prevedendo la riduzione della  meta'  -  quindi  un  riduzione  anche
maggiore di quella di un terzo stabilita  dall'art.  106-bis  per  il
processo penale - dei compensi previsti  dalle  tabelle  ministeriali
che avrebbero dovuto essere aggiornate ogni tre anni. 
    Tuttavia, le tabelle vigenti  sono  ancora  quelle  previste  dal
decreto ministeriale 30 maggio 2002. Anzi, se la sentenza della Corte
costituzionale   n.   192/2015   lamentava   un   ritardo   decennale
nell'aggiornamento delle tabelle, oggi prendiamo atto che il  ritardo
ha raggiunto e superato i quindici anni. 
    Pertanto, «il significativo e drastico  intervento  di  riduzione
dei compensi» - previsto,  per  il  settore  civile,  dall'art.  130,
addirittura nella misura della meta' - «si innesta su  tariffe  ormai
gia'  seriamente  sproporzionate  per  difetto,  in  virtu'   di   un
adeguamento non piu' intervenuto» da oltre tre lustri. 
    Vale, quindi, certamente anche per il settore civile e l'art. 130
quanto gia' osservato  dalla  Corte  costituzionale  per  il  settore
penale e  l'art.  106-bis  c.p.c.,  ossia  che  «vanno  adeguatamente
apprezzate anche le ricadute "di  sistema"  di  una  disciplina  che,
nelle condizioni descritte, puo' favorire, per un verso, applicazioni
strumentali  o  addirittura  illegittime  delle  norme,  a  fini   di
adeguamento de facto dei compensi (ad  esempio  mediante  un'indebita
proliferazione degli incarichi o un pregiudiziale orientamento  verso
valori  tariffari   massimi),   e,   per   l'altro,   comportare   un
allontanamento, dal circuito dei consulenti d'ufficio,  dei  soggetti
dotati delle migliori professionalita'». 
    L' irragionevolezza - sotto il profilo dell'art. 3 Cost  -  della
riduzione dell'art. 130  nel  quadro  del  combinato  disposto  degli
articoli 50 e 54 e',  quindi,  la  stessa,  se  non  piu'  accentuata
(perche' maggiore e' la riduzione imposta e maggiore  il  ritardo  di
aggiornamento), di quella dell'art. 106-bis  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 115/2012. 
    Due precisazioni sono ancora opportune. 
    Il  fatto  che  tale  irragionevolezza,  imperniata  sul  mancato
adeguamento  triennale  previsto  dall'art.   54,   e'   stata   gia'
riconosciuta con riferimento all'art. 106-bis per il  settore  penale
non significa introdurre indebiti parallelismi tra ambiti  differenti
e, quindi, intaccare l'indiscussa  discrezionalita'  del  legislatore
nel compiere, in linea  di  principio,  scelte  diverse  nei  diversi
modelli processuali: il legislatore  -  come  affermato  dalla  Corte
costituzionale anche in relazione all'art. 130 decreto del Presidente
della Repubblica n. 115/2002 (cfr. ordinanze nn. 350/2005,  201/2006,
270/2012,  122/2016)  -  puo'  certamente  modulare  diversamente  il
compenso dell'ausiliario del magistrato nel  processo  civile  e  nel
processo penale, tuttavia ne' nell'uno ne' nell'altro puo' introdurre
significative  e  drastiche  riduzioni  di  compensi  limitandosi   a
prescrivere un adeguamento di  fatto  mai  realizzato  nonostante  il
cospicuo tempo decorso. 
    Il  secondo  luogo,   non   costituisce   apprezzabile   elemento
differenziale,  ai  fini  dello   scrutinio   di   costituzionalita',
l'originario inserimento dell'art. 130  nel  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 115/2002 a fronte della  successiva  introduzione
dell'art. 106-bis con l'art. 1, comma 606, lettera b), della legge n.
147 del 2013 (c.d. finanziaria per il 2014). 
    La novella legislativa e' un dato oggettivo, riportato fedelmente
nella sentenza n. 192/2015, ma che non ne connota la ratio decidendi,
come correttamente ripresa dalla successiva n. 178/2017  senza  alcun
esplicito riferimento al sopraggiungere  nel  testo  unico  dell'art.
106-bis. 
    Le  norme,  infatti,  non  sono  date  una  volta  per  tutte  ed
irrigidite nella configurazione iniziale, ma vivono e si  definiscono
nel tempo attraverso le continue applicazione che ricevono nei  nuovi
contesti  (ordinamentali,  ma  anche  economico-sociali)  nei   quali
operano. 
    La delibazione  di  irragionevolezza  di  un  disposto  normativo
rispetto all'art. 3 Cost. non e', pertanto, lo sguardo  retrospettivo
sulle scelte del legislatore storico, ancorate al momento di adozione
della    disciplina,     ma     e'     inevitabilmente     proiettata
sull'interpretazione della disposizione nel nuovo contesto nei  quali
si muove al tempo dell'applicazione prospettata dal  giudice  a  quo,
secondo  i  canoni   del   giudizio   incidentale   di   legittimita'
costituzionale. 
    Ed oggi l'art. 130 decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
115/2012, se fosse applicato in assenza, dell'invocata  pronuncia  di
incostituzionalita', dinnanzi al persistente ritardo di aggiornamento
ministeriale del decreto ministeriale 30 maggio  2002  in  violazione
dell'art. 54 decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  115/2012,
condurrebbe  certamente  alla  liquidazione  di  un  compenso  finale
massimo di euro 145,38 - nel caso  in  cui  la  prescritta  riduzione
della meta' fosse applicata al  limite  estremo  dell'art.  21  (euro
290,77) - che appare assolutamente inadeguato ai valori  economici  e
sociali attuali dell'attivita' svolta, alla  durata  di  espletamento
dell'incarico (che spesso proseguono per mesi, come nella vicenda  in
esame (2) ) ed alla stessa dignita' della professione esercitata  con
l'espletamento della CTU, pur considerato l' interesse  pubblico  che
conforma gli incarichi di ausilio al  magistrato  e  la  materia  del
patrocinio a spese dello Stato. 
    Tutto cio' senza neppure considerare l'ulteriore riduzione di  un
terzo nel  caso  di  specie,  per  il  ritardo,  ai  sensi  dell'art.
52, secondo  comma,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica   n.
115/2002. 
    4. Infine, la pronuncia di incostituzionalita'  richiesta  appare
obbligata, perche' non sono possibili interpretazioni  dell'art.  130
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 conformi all'art.
3 Cost, cosi' come non ve ne  sono  state  per  l'art.  106-bis,  che
presenta analogo tenore letterale e, per questo, e' stato  dichiarato
incostituzionale per ben due volte (cfr. citate sentenze della  Corte
costituzionale nn. 192 del 2015 e 178 del 2017). 
    Si tratta, infatti, di disposizioni  che,  attraverso  l'utilizzo
dell'indicativo e di precise frazioni (la meta', un terzo), impongono
la  riduzione  dei  compensi  in  una  data  misura  senza   lasciare
all'interprete alcun margine di discrezionalita'. 
    Del  resto,  non  sono  noti  provvedimenti  di  liquidazioni  di
compensi per CTU che hanno adottato  differenti  interpretazioni  del
citato art. 130, rendendolo cornpatibile con l'art. 3 Cost. 
    Deve essere,  quindi,  sollevata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale sopra illustrata  con  le  statuizioni  conseguenziali
precisate in dispositivo. 

(1) Cfr. ordinanza del Tribunale di Paola  dell'11.1.2019:  "Il  CTU,
    esaminati soltanto gli atti ed i documenti prodotti in udienza  o
    depositati  in  cancelleria  prima  della  scadenza  del  termine
    previsto  dall'art.  183  c.p.c.,  compresa   la   documentazione
    sanitaria, dica: 1- quali siano state le conseguenze  lesive  del
    sinistro e se sussista nesso di compatibilita' tra le stesse e le
    modalita' del sinistro descritte nell'atto  introduttivo;  2-  se
    tali  lesioni  abbiano  causato   un   periodo   di   invalidita'
    temporanea, di che percentuale e di  quale  durata;  3-  se  tali
    lesioni abbiano causato postumi permanenti che  costituiscano  un
    danno  biologico,  tali  cioe'  da  incidere  sulla   complessiva
    validita'  psicofisica  della  vittima:  in   caso   affermativo,
    quantifichi in termini  percentuali  tali  postumi,  assumendo  a
    riferimento il bareme edito dalla Societa' Italiana  di  Medicina
    Legale e delle Assicurazioni (SIMLA). Se i  postumi  derivano  da
    sinistro stradale occorso in data successiva al 04 04.2001 il CTU
    si atterra' alla tabella emanala in  ottsurione  dello  legge  n.
    57/2001  con  decreto  del  Ministero   della   salute   per   la
    individuazione  e  la   percentualizzazione   delle   menomazioni
    comprese tra1 e 9 punti di invalidita'.  Per  le  menomazioni  di
    grado superiore al 9 % utilizzi  invece  il  bareme  edito  dalla
    SIMLA; 4- in caso di risposta affermativa al quesito n. 3,  se  i
    postumi permanenti possono essere eliminati in tutto od in  parte
    precisando in che modo e con quale costo; 5- se  vi  siano  stati
    accertamenti clinico-strumentali obiettivi ex art. 139 Cod. Ass a
    conferma delle lesioni eventualmenie rilevate" 

(2) Durata prevista di 129 giorni,  dall'avvio  delle  operazioni  in
    data 13.12.2019 al termine  programmato  per  il  deposito  della
    relazione finale in data 20.4.2020 (cfr. verbale del 28.11.2019);
    durata effettiva dal 13.12.2019  al  18.10.2020  (deposito  della
    relazione finale).