IL TRIBUNALE DI PAOLA Sezione Civile In composizione monocratica; Esaminati gli atti della causa civile iscritta al numero di ruolo generale affari contenzioni civili indicato in epigrafe; Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa Mellas Fatiha contro Generali Italia S.p.a., Russo Franco e Russo Dario, iscritta al n. 480/2016 R.G. del Tribunale Civile di Paola, avente ad oggetto risarcimento danni a seguito di sinistro stradale, la dott.ssa Danila Faillace, espletata la consulenza tecnica d'ufficio affidatale, il 18 ottobre 2020 ha depositato la relazione conclusiva (unitamente alle note critiche delle parti ed ai relativi chiarimenti) e, in pari data, ha richiesto, nel rispetto nel termine previsto dall'art. 71 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, la liquidazione dei compensi. Per procedere alla liquidazione occorre considerare quanto segue. L'incarico (1) rientra nell'art. 21 della tabella allegata al decreto del Ministero della giustizia 30 maggio 2002, atteso che e' consistito nel compimento di accertamenti medici sulla persona. Conseguentemente l'onorario deve essere determinato tra euro 48,03 e euro 290,77, tenendo conto delle difficolta', della completezza e del pregio della prestazione fornita ai sensi dell'art. 51, primo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002. Non spettano, infatti, gli aumenti previsti ne' dall'art. 51, secondo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 - in quanto l'incarico non era stato qualificato come urgente - ne' dall'art. 52, primo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, poiche' la prestazione resa non appare di eccezionale importanza, complessita' e difficolta' (a meno di seguire quelle distorsioni interpretative, frequenti nella prassi, dirette a contenere gli effetti del mancato aggiornamento delle tabelle e dell'applicazione di' una norma di sospetta incostituzionalita', l'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2012, come si dira'). L'importo deve poi essere ridotto di un terzo ai sensi dell'art. 52, secondo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 in quanto, espletato in ritardo, attraverso il deposito della relazione conclusiva in data 18 ottobre 2020, ben oltre il termine del 20 aprile 2020, pur considerando la sospensione prevista dalla legislazione emergenziale, oltre quella feriale. Infine, occorre applicare l'ulteriore diminuzione della meta' ai sensi dell'art. 130 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 in quanto Mellas Fatiha e' stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato con provvedimento del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Paola del 17 aprile 2016. Tale disposizione normativa e' appunto l'oggetto della questione di legittimita' costituzione che si intende sollevare. 2. Per quanto gia' detto, la questione e' certamente rilevante, in quanto senza la sua risoluzione non puo' essere definito il giudizio sull'istanza di liquidazione in esame. Questo giudice, infatti, e' chiamato a determinare il compenso spettante al CTU e, a tal fine, e' tenuto ad applicare l'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, riducendo della meta' le spettanze del proprio ausiliario. 3. La questione, inoltre, appare non manifestamente infondata nei termini e le ragioni appresso indicate. 3.1. L'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica 309/90 - rubricato «Compensi del difensore, dell'ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte» ed inserito all'interno del titolo IV («Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, annninistrativo, contabile e tributario») della Parte III («Patrocinio a spese dello Stato») del citato testo unico sulle spese di giustizia - recita: «Gli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della meta'». Il quadro normativo sul quale si innesta la citata disposizione normativa, come l'omologo 106-bis valevole per il processo penale, e' costituito dagli articoli 50 e 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 - collocati nel titolo VII («Ausiliari del magistrato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributaria») della Parte Il («Voci di spese») del citato testo unico - nonche' dal decreto ministeriale 30 maggio 2002. In particolare, l'art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 prevede che l'entita' degli onorari spettanti all'ausiliario del magistrato - nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario (come si riceva dalla collocazione all'interno del titolo VII) - e' stabilita mediante tabelle approvate con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, mentre l'art. 54 dispone che «la misura degli onorari fissi, variabili e a tempo e' adeguata ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatasi nel triennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze». Sta di fatto che le tabelle cui fa riferimento il citato art. 50 sono state approvate con il decreto del Ministro della giustizia del 30 maggio 2002 («Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorita' giudiziaria in materia civile e penale»), ma da allora non sono state mai aggiornate, come invece richiesto dal successivo art. 54. Su tale assetto e', poi, intervenuto l'art. 1, comma 606, lettera b), della legge n. 147 del 2013, che ha inserito l'art. 106-bis nel decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, prevedendo la riduzione di un terzo dei compensi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato, nominati in un processo penale in cui la parte sia ammessa al patrocinio a spese dello Stato. 3.2. Ebbene il predetto art. 106-bis e' gia' stato dichiarato incostituzionale - con le sentenze 192 del 2015 e 178 del 2017 della Consulta - «nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti» all'ausiliario del magistrato ed al CTP «sia operata in caso di applicazioni di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell'art. 54 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002» con riferimento all'art. 3 della Costituzione sotto il profilo dell'irragionevolezza della scelta legislativa. 3.2.1. Piu' specificamente, con la prima delle citate sentenze, riferita all'ausiliario del magistrato nel processo penale, la Corte costituzionale ha ritenuto che la riduzione di un terzo dei compensi, previsto dall'art. 106-bis realizza «un significativo e drastico intervento di riduzione dei compensi spettanti, tra gli altri, all'ausiliario del magistrato. L'intervento di riduzione e' attuato con la legge di stabilita' del 2014, ad opera di un legislatore che non poteva ignorare come si trattasse di compensi che, a norma dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, avrebbero dovuto essere periodicamente rivalutati. A fronte di una disposizione legislativa, appunto l'art. 54 ora citato, che impone l'aggiornamento della misura degli onorari dei soggetti in questione, ogni tre anni, in relazione alla variazione, accertata dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, tale adeguamento non risulta essere intervenuto da oltre un decennio (allo stato, l'ultimo risulta operalo con il decreto ministeriale 30 maggio 2002). Sicche', dopo un decennio ed oltre di inerzia amministrativa, la base tariffaria sulla quale calcolare i compensi risulta ormai seriamente sproporzionata per difetto, anche a voler considerare, come richiede l'art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, che la misura degli onorari in esame, rapportata alle vigenti tariffe professionali, dev'essere contemperata (e quindi ridotta) in relazione alla natura pubblicistica della prestazione richiesta (riduzione gia' attuata nella fissazione dei valori di partenza). La mancata attuazione, in sede amministrativa, del vincolo di adeguamento previsto dalla fonte primaria (analoghe inadenipienze, in passato, furono stigmarizzate da questa Corte: sentenze n. 41 del 1996 e n. 88 del 1970; ordinanze n. 234 del 2001 e n. 69 del 1979) ben puo' trovare idonei rimedi in altra sede (sentenza n. 41 del 1996 e ordinanza n. 234 del 2001). Tuttavia, per il legislatore della legge di stabilita' per il 2014, tale mancata attuazione costitutiva un dato caratterizzante della materia che si apprestava ad incidere: e il non averne tenuto conto, nel momento in cui veniva deciso un significativo intervento di riduzione, induce a concludere, nella prospettiva segnata dall'art 3 Cost., che la scelta legislativa abbia superato il limite della manifesta irragionevolezza. Non e', infatti, riconducibile ai pur ampi margini spettanti alla discrezionalita' legislativa una scelta attuata senza una preliminare valutazione complessiva della materia, necessaria per compiere un ragionevole bilancianiento tra esigenze di contenimento della spesa e remunerazione, sia pure secondo i ricordati criteri di contemperamento, degli incarichi in questione. In tale prospettiva, va considerato come si tratti, nella specie, di prestazioni tendenzialmente non ricusabili dall'interessato, il quale, in quanto pubblico ufficiale, e' obbligato alla fedele e diligente esecuzione delle proprie competenze professionali (ed e', questo, un profilo che differenzia l'ausiliario del magistrato dagli altri soggetti indicati nell'art. 106-bis in esame). Si aggiunga, infine, che vanno adeguatamente apprezzate anche le ricadute «di sistema» di una disciplina che, nelle condizioni descritte, puo' favorire, per un verso, applicazioni strumentali o addirittura illegittime delle norme, a fini di adeguamento de facto dei compensi (ad esempio mediante un'indebita proliferazione degli incarichi o un pregiudiziale orientamento verso valori tartari massimi), e, per l'altro, comportare un allontanamento, dal circuito dei consulenti d'ufficio, dei soggetti dotati delle migliori professionalita'. Risulta, in definitiva, manifestamente irragionevole un intervento di riduzione della spesa erariale in materia di giustizia - pur, come tale, sicuramente riferibile alla discrezionalita' legislativa nel contesto della congiuntura economico finanziaria - adottato senza attenzione a che la riduzione operi su tariffe realmente congruenti con le stesse linee di fondo del d.P.R. n. 115 del 2002: dunque su tariffe, da un lato, proporzionate (sia pure per difetto, tenendo conto del connotato pubblicistico) a quelle libero-professionali (che per parte loro, nell'ambito di una riforma complessiva dei criteri di liquidazione, sono state aggiornate) e, dall'altro, preservate nella loro elementare consistenza in rapporto alle variazioni del costo della vita». 3.2.2. Sulla medesima scia si e' posta la sentenza della Corte costituzionale 178 del 2017, che, attraverso il distillato dei principi della precedente 192/2015, e' giunta al medesimo risultato di ineostituzionalita' dell'art. 106-bis nella parte relativa al consulente tecnico di parte, con riferimento all'art. 3 Cost (mentre altre, autonome e concorrente ragioni, che qui non rilevano, convergevano verso il medesimo esito rispetto all'ulteriore parametro rappresentato dall'art. 24 Cost), cosi' affermando: «nella sentenza n. 192 del 2015, investita della questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 106-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, con riferimento a un caso in cui veniva in rilievo l'entita' dei compensi spettanti all'ausiliario del magistrato, questa Corte ha accertato I 'irragionevolezza della disposizione, poiche' il significativo e draslico intervento di riduzione dei compensi si innestava su tariffe ormai gia' seriamente sproporzionate per difetto, in virtu' di un adeguamento non piu' intervenuto da oltre un decennio. Sicche' il ricordato art. 106-bis e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non escludeva che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato fosse operata in caso di applicazione di previsioni rariffarie non aggiornate a norma dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Tale dichiarazione d'illegittimita' costituzionale, peraltro, non ha censurato direttamente l'obbiettivo di contenimento della spesa pubblica insito nella riduzione di un terzo dei compensi. Ha invece evidenziato la sua irragionevolezza, nella misura in cui la riduzione interviene su tabelle ormai non piu' aggiornate da lungo tempo e i cui valori di partenza - rispetto alle comuni tariffe professionali - gia' scontano la diminuzione derivante dalla natura pubblicistica della prestazione richiesta all'ausiliario del magistrato. Il che equivale a riconoscere che tale riduzione tornerebbe ad applicarsi se le tariffe venissero aggiornate a norma del ricordato art. 54 del d.P.R. n. 115 del 2002». Dunque, secondo la sentenza 178 del 2017, «irragionevolezza» dell'art. 106-bis - tale da determinarne il contrasto con l'art. 3 Cost come gia' riconosciuta dalla precedente 192/2015, sta nel «significativo e draslico intervento di riduzione dei compensi [...] su tariffe ormai gia' seriamente sproporzionate per difetto, in virtu' di un adeguarnento non piu' intervenuto da oltre un decennio», mentre a tal fine non sono decisivi lo svolgimento di prestazioni tendenzialmente non ricusabili da parte dell'ausiliario del magistrato e la sua qualifica di pubblico ufficiale benche' esplicitamente considerati nell'apparato argomentativo della sentenza n. 192/2015. 3.3. Ebbene, la medesima ratio decidendi - come correttamente distillata dalla sentenza 178/2017 («l'irragionevolezza della disposizione, poiche' il significativo e drastico intervento di riduzione dei compensi si innestava su tariffe ormai gia' seriamente sproporzionate per difetto, in virtu' di un adeguamento non piu' intervenuto da oltre un decennio») - dovrebbe condurre, ad avviso di questo giudice, alla pronuncia di incostituzionalita' dell'art. 130 negli stessi termini, ossia nella parte in cui non esclude che la diminuzione della meta' degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell'art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002. Invero, anche l'art. 130, dedicato, tra gli altri, all'ausiliario del magistrato nel processo civile, si innesta sui medesimi articoli 50 e 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2012, prevedendo la riduzione della meta' - quindi un riduzione anche maggiore di quella di un terzo stabilita dall'art. 106-bis per il processo penale - dei compensi previsti dalle tabelle ministeriali che avrebbero dovuto essere aggiornate ogni tre anni. Tuttavia, le tabelle vigenti sono ancora quelle previste dal decreto ministeriale 30 maggio 2002. Anzi, se la sentenza della Corte costituzionale n. 192/2015 lamentava un ritardo decennale nell'aggiornamento delle tabelle, oggi prendiamo atto che il ritardo ha raggiunto e superato i quindici anni. Pertanto, «il significativo e drastico intervento di riduzione dei compensi» - previsto, per il settore civile, dall'art. 130, addirittura nella misura della meta' - «si innesta su tariffe ormai gia' seriamente sproporzionate per difetto, in virtu' di un adeguamento non piu' intervenuto» da oltre tre lustri. Vale, quindi, certamente anche per il settore civile e l'art. 130 quanto gia' osservato dalla Corte costituzionale per il settore penale e l'art. 106-bis c.p.c., ossia che «vanno adeguatamente apprezzate anche le ricadute "di sistema" di una disciplina che, nelle condizioni descritte, puo' favorire, per un verso, applicazioni strumentali o addirittura illegittime delle norme, a fini di adeguamento de facto dei compensi (ad esempio mediante un'indebita proliferazione degli incarichi o un pregiudiziale orientamento verso valori tariffari massimi), e, per l'altro, comportare un allontanamento, dal circuito dei consulenti d'ufficio, dei soggetti dotati delle migliori professionalita'». L' irragionevolezza - sotto il profilo dell'art. 3 Cost - della riduzione dell'art. 130 nel quadro del combinato disposto degli articoli 50 e 54 e', quindi, la stessa, se non piu' accentuata (perche' maggiore e' la riduzione imposta e maggiore il ritardo di aggiornamento), di quella dell'art. 106-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2012. Due precisazioni sono ancora opportune. Il fatto che tale irragionevolezza, imperniata sul mancato adeguamento triennale previsto dall'art. 54, e' stata gia' riconosciuta con riferimento all'art. 106-bis per il settore penale non significa introdurre indebiti parallelismi tra ambiti differenti e, quindi, intaccare l'indiscussa discrezionalita' del legislatore nel compiere, in linea di principio, scelte diverse nei diversi modelli processuali: il legislatore - come affermato dalla Corte costituzionale anche in relazione all'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 (cfr. ordinanze nn. 350/2005, 201/2006, 270/2012, 122/2016) - puo' certamente modulare diversamente il compenso dell'ausiliario del magistrato nel processo civile e nel processo penale, tuttavia ne' nell'uno ne' nell'altro puo' introdurre significative e drastiche riduzioni di compensi limitandosi a prescrivere un adeguamento di fatto mai realizzato nonostante il cospicuo tempo decorso. Il secondo luogo, non costituisce apprezzabile elemento differenziale, ai fini dello scrutinio di costituzionalita', l'originario inserimento dell'art. 130 nel decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 a fronte della successiva introduzione dell'art. 106-bis con l'art. 1, comma 606, lettera b), della legge n. 147 del 2013 (c.d. finanziaria per il 2014). La novella legislativa e' un dato oggettivo, riportato fedelmente nella sentenza n. 192/2015, ma che non ne connota la ratio decidendi, come correttamente ripresa dalla successiva n. 178/2017 senza alcun esplicito riferimento al sopraggiungere nel testo unico dell'art. 106-bis. Le norme, infatti, non sono date una volta per tutte ed irrigidite nella configurazione iniziale, ma vivono e si definiscono nel tempo attraverso le continue applicazione che ricevono nei nuovi contesti (ordinamentali, ma anche economico-sociali) nei quali operano. La delibazione di irragionevolezza di un disposto normativo rispetto all'art. 3 Cost. non e', pertanto, lo sguardo retrospettivo sulle scelte del legislatore storico, ancorate al momento di adozione della disciplina, ma e' inevitabilmente proiettata sull'interpretazione della disposizione nel nuovo contesto nei quali si muove al tempo dell'applicazione prospettata dal giudice a quo, secondo i canoni del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Ed oggi l'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2012, se fosse applicato in assenza, dell'invocata pronuncia di incostituzionalita', dinnanzi al persistente ritardo di aggiornamento ministeriale del decreto ministeriale 30 maggio 2002 in violazione dell'art. 54 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2012, condurrebbe certamente alla liquidazione di un compenso finale massimo di euro 145,38 - nel caso in cui la prescritta riduzione della meta' fosse applicata al limite estremo dell'art. 21 (euro 290,77) - che appare assolutamente inadeguato ai valori economici e sociali attuali dell'attivita' svolta, alla durata di espletamento dell'incarico (che spesso proseguono per mesi, come nella vicenda in esame (2) ) ed alla stessa dignita' della professione esercitata con l'espletamento della CTU, pur considerato l' interesse pubblico che conforma gli incarichi di ausilio al magistrato e la materia del patrocinio a spese dello Stato. Tutto cio' senza neppure considerare l'ulteriore riduzione di un terzo nel caso di specie, per il ritardo, ai sensi dell'art. 52, secondo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002. 4. Infine, la pronuncia di incostituzionalita' richiesta appare obbligata, perche' non sono possibili interpretazioni dell'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 conformi all'art. 3 Cost, cosi' come non ve ne sono state per l'art. 106-bis, che presenta analogo tenore letterale e, per questo, e' stato dichiarato incostituzionale per ben due volte (cfr. citate sentenze della Corte costituzionale nn. 192 del 2015 e 178 del 2017). Si tratta, infatti, di disposizioni che, attraverso l'utilizzo dell'indicativo e di precise frazioni (la meta', un terzo), impongono la riduzione dei compensi in una data misura senza lasciare all'interprete alcun margine di discrezionalita'. Del resto, non sono noti provvedimenti di liquidazioni di compensi per CTU che hanno adottato differenti interpretazioni del citato art. 130, rendendolo cornpatibile con l'art. 3 Cost. Deve essere, quindi, sollevata la questione di legittimita' costituzionale sopra illustrata con le statuizioni conseguenziali precisate in dispositivo. (1) Cfr. ordinanza del Tribunale di Paola dell'11.1.2019: "Il CTU, esaminati soltanto gli atti ed i documenti prodotti in udienza o depositati in cancelleria prima della scadenza del termine previsto dall'art. 183 c.p.c., compresa la documentazione sanitaria, dica: 1- quali siano state le conseguenze lesive del sinistro e se sussista nesso di compatibilita' tra le stesse e le modalita' del sinistro descritte nell'atto introduttivo; 2- se tali lesioni abbiano causato un periodo di invalidita' temporanea, di che percentuale e di quale durata; 3- se tali lesioni abbiano causato postumi permanenti che costituiscano un danno biologico, tali cioe' da incidere sulla complessiva validita' psicofisica della vittima: in caso affermativo, quantifichi in termini percentuali tali postumi, assumendo a riferimento il bareme edito dalla Societa' Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA). Se i postumi derivano da sinistro stradale occorso in data successiva al 04 04.2001 il CTU si atterra' alla tabella emanala in ottsurione dello legge n. 57/2001 con decreto del Ministero della salute per la individuazione e la percentualizzazione delle menomazioni comprese tra1 e 9 punti di invalidita'. Per le menomazioni di grado superiore al 9 % utilizzi invece il bareme edito dalla SIMLA; 4- in caso di risposta affermativa al quesito n. 3, se i postumi permanenti possono essere eliminati in tutto od in parte precisando in che modo e con quale costo; 5- se vi siano stati accertamenti clinico-strumentali obiettivi ex art. 139 Cod. Ass a conferma delle lesioni eventualmenie rilevate" (2) Durata prevista di 129 giorni, dall'avvio delle operazioni in data 13.12.2019 al termine programmato per il deposito della relazione finale in data 20.4.2020 (cfr. verbale del 28.11.2019); durata effettiva dal 13.12.2019 al 18.10.2020 (deposito della relazione finale).